Riti e Feste

Il fuoco di Sant’Antonio in Sardegna tra leggenda e tradizione

13 Gennaio 2019

Cinque cose da sapere sulla festa di Sant’Antonio in Sardegna

Tra i santi maggiormente invocati in Sardegna ce n’è uno in particolare, di origine egiziana e dallo stile quanto mai sobrio, che tutti gli inverni viene festeggiato con enormi falò. Stiamo parlando di Sant’Antonio Abate, meglio conosciuto come Sant’Antoni de su fogu, che la Chiesa ricorda il 17 gennaio.

Sono pochi i paesi dell’isola dove questa figura non viene omaggiata con fiamme propiziatorie, doni e preghiere.

Il culto di Sant’Antonio ha origini particolari essendosi sovrapposto, come si può registrare in tante altre circostanze, a riti ancestrali già praticati nelle comunità locali per onorare divinità pagane, ereditandone l’intero impianto di simboli, racconti e significati.

Da qui le palesi affinità tra il culto di Sant’Antonio Abate e quello di Prometeo: entrambi rubarono il fuoco per donarlo agli uomini. Ma che strana coincidenza!?  😀 

Detto ciò, adesso vi voglio segnalare cinque cose su Sant’Antonio e il suo culto che potrebbero esservi utili se, in questi freddi giorni di gennaio, intenderete avventurarvi in giro per la Sardegna alla scoperta di questa bella tradizione. Iniziamo dai fuochi.

  1. I fuochi di Sant’Antonio Abate

Tutti gli anni, nel pomeriggio del 16 gennaio, numerosi comuni della Sardegna si animano grazie all’accensione di grandi fuochi benedetti, dai parroci prima e dalle stelle poi, attorno ai quali si riuniscono intere collettività.

Il fuoco diventa, in questo modo, un elemento di aggregazione, simbolo di unione, comunione e occasione di divertimento.

Ai margini del falò, infatti, vengono spesso improvvisati i balli sardi accompagnati dalla musica di un organetto, si beve un bicchierino in compagnia, si cantano versi in rima o, molto più semplicemente, si scambiano quattro chiacchiere tra amici e conoscenti.

Complice il gioco di luci e ombre animate dalle scintille impazzite provenienti dai tizzoni ardenti, l’atmosfera che si crea davanti al fuoco di Sant’Antonio è magica e immersiva, tutta da vivere.

Fuoco di Sant'Antonio. Sedilo

Fuoco di Sant’Antonio. Sedilo (ph. Pietro Caria)

In alcuni paesi, pochi per la verità (Sedilo, in provincia di Oristano, è uno di questi), sopravvive un’antica usanza: l’accensione del falò è accompagnata da aste particolari a cui partecipano, in maniera animata, tantissime persone. Queste aste sono note con il nome di “Prozetos”.

Come funziona il tutto? Le persone del paese, per ingraziarsi il santo, donano qualcosa alla chiesa, in genere prodotti della terra come agnellini, maialetti, oppure dolci, pani, formaggi, salumi, vini, ecc., che vengono battuti all’asta e venduti al miglior offerente.

Una sorta di Christie’s in salsa rigorosamente rural.

I ricavi confluiscono sempre nelle casse della chiesa ma in questo modo ognuno può portarsi a casa autentici prodotti di qualità contribuendo, al contempo, al perpetuarsi di una tradizione antica.

Sos Protzettos di Sedilo

Sos Prozetos di Sedilo (ph. Pietro Caria)

Da dove hanno origine Sos Prozetos? Come racconta Costantino Mongili, amico ed esperto conoscitore di tradizioni locali, in passato non c’era famiglia che non avesse in casa un maiale d’allevamento, bestia fondamentale per la povera economia rurale, che veniva solitamente macellato nel periodo più freddo, in prossimità della festa di Sant’Antonio.

In quell’occasione era costume regalare un pezzo di carne ai vicini di casa, Sa Cumanda e Su Sambeneddu, e naturalmente anche alla chiesa, in particolare a Sant’Antonio che, non a caso, nell’iconografia viene sempre rappresentato con un maialetto al suo fianco.

Sant'Antonio Abate

Sant’Antonio Abate

Oggi, che non tutti allevano più il maiale, quel pezzo di carne è stato sostituito da altri prodotti, gli stessi che vengono battuti all’asta, per l’appunto.

 

  1. I dolci di Sant’Antonio

Per Sant’Antonio è usanza preparare un pane particolare: su pane ‘e Sant’Antoni, che in alcuni paesi ha le fattezze de Su pane’e saba, un pane fatto con la sapa, un nettare ottenuto dal ficodindia o dal mosto.

Altri dolci tipici di questo periodo sono su Pistiddu ‘e Sant’Antoni, una sorta di crostata farcita anch’essa di sapa e finemente decorata con la pasta ricamata da mani espertissime, e sos pabassinos, dolci secchi di forma romboidale, il cui impasto ingloba uva passa, abbelliti con la glassa e ricoperti di piccole praline colorate. Diciamo che i dolcetti di Sant’Antonio non sono proprio light ma piacciono a tutti  🙂 

Pabassinos

Pabassinos

A Sedilo la mattina del 16 gennaio i bambini fanno ancora il giro delle case per questuare questi e altri dolcetti.

La filastrocca che recitano i maschietti è “Su tureddu meu ca mi naro Antoneddu” mentre le femminucce intonano “Sa fita mia ca mi naro Maria”.

Su tureddu era il dolce che un tempo a Sedilo veniva preparato per Sant’Antonio. Curioso notare che i bambini ne chiedono uno intero mentre le bambine solo una fita. Disparità di genere? No, solo esigenze di rima  🙂 

 

  1. L’uscita delle maschere per Sant’Antonio

In molti paesi l’accensione dei fuochi di Sant’Antonio coincide con Sa Prima Essìa, ovvero con la prima uscita pubblica delle maschere del carnevale sardo. C’è un gesto che segna l’inizio del mascheramento dell’uomo, o meglio della sua trasformazione in essere mitologico, è s’intzizieddamentu che consiste nel tingersi la faccia di nero utilizzando il carbone.

Carnevale in Sardegna

Carnevale in Sardegna. Intzizieddamentu (ph. Stefania Serra)

Le maschere sarde inscenano creature antropomorfe che nel loro incedere claudicante o ritmato ripetono riti secolari che differiscono da comune a comune. Ne avevo scritto qui:

Le maschere di Ottana e la magia del fuoco di Sant’Antonio

 

  1. Su rasu de Sant’Antoni

In linea con la tradizione popolare sarda, Sant’Antonio è frequentemente invocato per ritrovare gli oggetti perduti. C’è un rito, in particolare, chiamato Su rasu de Sant’Antoni, che consiste nel sussurrare alcune “parole magiche”, sos berbos, con cui si chiedono al santo gli indizi per rinvenire ciò che si è perso. Pare che in seguito a queste paraulas le indicazioni per il ritrovamento giungano nel sonno oppure sotto forma di segnali da interpretare. Ho una collezione di racconti e leggende in merito che… potrei scrivere un libro  😆 

  1. Il fuoco di Sant’Antonio

Sapete perché l’herpes zoster viene chiamato fuoco di Sant’Antonio o fogu’e Sant’Antoni? Perché si narra che proprio Sant’Antonio riuscì a sconfiggere il fuoco della lussuria e da qui deriverebbe tale attribuzione.

Ma c’è un elemento ulteriore a sostegno di questa tesi: in passato la malattia veniva curata cospargendo la cute del malato di un amalgama di sostanze la cui componente principale era il grasso del maiale, l’animale che sempre compare vicino al santo. Casualità? Può essere  😛 

Bene, spero di avervi dato qualche elemento in più per apprezzare meglio questa festa tanto amata da noi sardi.

Ma da voi come si festeggia Sant’Antonio? Scrivete e commentate  🙂

Fuoco Sant'Antonio Sedilo

Fuoco Sant’Antonio Sedilo (ph. Pietro Caria)

Per saperne di più sulla figura di Sant’Antonio vedi anche:

http://news.leonardo.it/festa-sant-antonio-abate-da-asceta-mistico-a-patrono-delle-attivita-rurali-questa-la-sua-storia/

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