La Sardegna antica e sognatrice nelle foto di Marianne Sin-Pfältzer
Sono sguardi traboccanti di sogni e di speranza quelli dei bambini immortalati in Sardegna, a partire dagli anni Cinquanta, da Marianne Sin-Pfältzer, fotografa tedesca che, con i suoi scatti, ha fermato per sempre momenti di un’isola che non c’è più.
Una terra ancestrale, allora poco indagata, lontana dagli stereotipi del turismo di massa e dai luoghi comuni, trasudante di verità e di riti quotidiani ripetuti sempre uguali nel tempo, seguendo lo scorrere delle stagioni, delle preghiere, dei canti, delle feste.
Sono volti scavati dal sole e dal vento, segnati dalla fatica del lavoro nei campi, da sacrifici e privazioni, da saggezza e da racconti, da sorrisi e compassione.
Sono mani congiunte nel gesto di supplica, invocazioni disperate verso chissà quali e quanti santi, unici portatori di salvezza in una regione piegata dalla miseria ma affacciata su un futuro nuovo, non privo di incertezze.
L’antico e il moderno si fondono e si sovrappongono nelle foto di Marianne che, con il suo Van, ha percorso la Sardegna da un capo all’altro, a caccia di scorci e attimi di vita.
Questa tenace fotoreporter amante degli animali e dei bambini era da tutti benvoluta e dovunque andasse poteva vantare amici da salutare. Lei, che avendo vissuto l’orrore della guerra, credeva nella costruzione di un mondo migliore a partire dai sogni e della felicità dei più piccoli.
Le donne e i bambini erano i suoi soggetti preferiti. Gli uomini rivestivano spesso una posizione marginale, confinati tra i monti e le campagne, lontani da quelle case tenute calde e vive da mogli, figlie, madri e sorelle.
Sembra quasi di sentirla la fragranza del pane caldo e il profumo del formaggio fresco, il fumo dei camini e l’odore del lentisco e di altre essenze che silenziose avvolgevano i paesi della Barbagia.
Case in pietra, tegole rossastre, strade polverose. Processioni, messe e litanie.
Sembra quasi di ascoltarla la voce di quelle sagge e fiere matriarche che, pur possedendo poco, sapevano di avere tutto.
Si percepisce forte il dolore di quella donna di Desulo che, esaurite tutte le lacrime, si carica sulla testa la bara di un suo caro e lo accompagna al camposanto.
Traspare la stanchezza e la gioia da quell’alternarsi di foto in bianco e nero e a colori, ricordi di feste campestri in cui la fisarmonica e il pesce arrosto rappresentavano elementi imprescindibili.
Marianne Sin-Pfältzer, che aveva girato il mondo, amava profondamente la Sardegna e viveva per la fotografia.
Negli ultimi anni della sua vita, quando la vista iniziò a venirle meno, forse cosciente di essere alla fine di un percorso ricco di emozioni e di bellezza, rivolse il suo obiettivo alle nuvole che, leggere, si univano in composizioni fugaci catturate dalla finestra della sua casa di Nuoro.
Gli ultimi scatti sono tutti al cielo, presagio di un imminente viaggio, quello eterno.
Morì nel capoluogo barbaricino nel 2015, all’età di 89 anni, dopo essere stata investita da un’auto.
Oggi la casa editrice Ilisso le rende omaggio con una bellissima ed emozionante mostra.
I paesaggi umani di Marianne Sin-Pfältzer a Casa Papandrea
I paesaggi umani raffigurati da Marianne Sin-Pfältzer, dal 14 dicembre 2019 al 13 aprile 2020, si possono ammirare all’interno dello Spazio Ilisso, nuovo polo artistico e culturale inaugurato nel centro storico di Nuoro in una elegante palazzina ottocentesca che fu di Michele Papandrea, ex-sindaco di Nuoro scomparso sull’Altopiano di Asiago nel 1918.
Un edificio raffinato quello di via Brofferio 23, dotato di ampio giardino, che arricchisce l’offerta culturale nuorese e che ospiterà mostre temporanee e permanenti.
Non rimarranno delusi nemmeno gli amanti dei selfeet, grazie alla ricca eterogeneità dei pavimenti e delle mattonelle colorate.
Per tutte le informazioni sulla mostra e sul nuovo spazio, vi rimando al sito internet di Ilisso e la mappa su Google maps.
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