Una mostra per omaggiare Grazia Deledda, scrittrice sarda e Premio Nobel per la letteratura
Sarda, anticonformista, determinata fino al midollo e forte come la roccia, Grazia Deledda rimane tuttora l’unica scrittrice italiana ad aver ricevuto il Premio Nobel per la letteratura che le fu conferito a Stoccolma nel 1927 per l’anno 1926.
A distanza di Novant’anni dall’evento e di Ottant’anni dalla morte, il Palazzo del Consiglio Regionale della Sardegna ha deciso quest’anno di renderle omaggio dedicandole una mostra che ha inaugurato il 15 maggio e che sarà visitabile fino al 30 giungo.
“Stato di Grazia. Artisti e Opere intorno a Grazia Deledda” – questo è il titolo della rassegna a cura di Davide Mariani – restituisce, secondo una visione inedita, la vita e la carriera della scrittrice nuorese, mettendo in luce aspetti e dettagli poco noti al grande pubblico.
Io l’ho visitata e ve la voglio raccontare.

Stato di Grazia
Il volto inedito di Grazia Deledda

Grazia Deledda
Inizio subito col dirvi cosa mi ha colpito principalmente: innanzitutto l’immagine della locandina, una caricatura della Deledda fatta dall’artista sardo Giuseppe Biasi nel 1905, che ha deciso di raffigurarla con forme tanto spigolose quanto affusolate! Una rappresentazione sicuramente inusuale di Grazia Deledda e diversa da quella con cui la romanziera viene generalmente identificata nell’immaginario collettivo. Già da questo dettaglio ho subito immaginato che non doveva trattarsi di una di quelle mostre che raccontano le solite cose trite e ritrite sul personaggio di turno e infatti ci avevo visto giusto!
Atmosfere Deleddiane
Percorrendo l’itinerario descrittivo, allestito al piano terra del Palazzo di Consiglio Regionale, mi sono ritrovato così immerso nel clima tipico dei primi del Novecento, grazie a immagini, scritti e opere capaci di rievocare quelle atmosfere nostalgiche e romantiche del tempo.

Narcisa Monni – Mi pento e mi dolgo di tutti i mali
Senza nemmeno rendermene conto sono allora finito dentro una Sardegna arcaica, descritta attraverso le grandi tematiche che da sempre hanno animato la letteratura deleddiana: il peccato, il senso di colpa, la fede, i momenti di festa, la superstizione o il castigo di Dio.
Se nell’opera “Mi pento e mi dolgo con tutto il cuore” di Narcisa Monni si ritrova proprio quel senso del peccato in seguito a una trasgressione del corpo e dell’anima, elemento ricorrente nei romanzi di Grazia Deledda come ad esempio avviene in La Madre, in Canne al vento o in Cenere, nel lavoro di Irene Balia si ritrova un forte richiamo al sincretismo, fattore immanente della cultura popolare sarda: “La medicina dell’occhio”, ovvero quel rituale oscillante tra il sacro e il profano con cui ancora oggi alcune donne scacciano il malocchio.

Irene Balia – La medicina dell’occhio

Roberto Fanari – Il ritorno del figliol prodigo
A breve distanza dalle due opere, il lavoro di Roberto Fanari, il “Ritorno del figliol prodigo” rievoca i momenti di festa esaltati generalmente da ricchi banchetti. Guardando il disegno non ho potuto non pensare alla festa con cui è stato accolto Elias Portolu al suo ritorno a Nuoro, dopo aver scontato un periodo di reclusione in carcere.
La leggenda di Zia Jacobba
Su un’altra parete sono invece esposte le bellissime illustrazioni della novella “Zia Jacobba” tratta dalla raccolta “Tentazioni” pubblicata nel 1899 e realizzate da Antonio Lucchi. La storia di Zia Jacobba è un piccolo concentrato dei temi trattati da Grazia Deledda. Vi riporto si seguito una sintesi della novella, tratta dal pannello in mostra:
In un piccolo villaggio della Baronia, devastato dalla malaria e dalle vessazioni di un fisco che obbliga la gente a vendere all’asta le proprie abitazioni, vivono zia Jacobba e la sua bellissima figlia Chianna, talmente bella che la madre usa chiamarla “pulcina dalla cresta d’oro” e “Santina d’argento”.

Antonio Lucchi – Zia Jacobba
Zia Jacobba, introversa e bizzarra pescatrice di sanguisughe, non è affatto ben vista dai suoi compaesani, i quali credono che, in cambio di misteriosi poteri, l’anziana abbia venduto l’anima al diavolo e allo stesso tempo intrattenga relazioni con gli spiriti di Castel Roccioso.
Quando la sua adorata Chianna viene colpita dalla febbre e prematuramente muore, qualcuno le instilla il dubbio che sia stata vittima di una «malefica magia».
Disperata, l’anziana madre fa di tutto per scoprire l’autore del maleficio mettendo in palio due scudi d’oro a favore di chi l’avesse aiutata a conoscere la verità.
A questo punto entra in scena una sua maligna comare, zia Sebia, che con la complicità della figlia Pottoi, approfitta della situazione e si prende gioco di lei, facendole credere che l’autrice della magia sia una tale zia Maria di Locula.

Antonio Lucchi – Zia Jacobba
La notizia getta zia Jacobba nello sconforto. La donna, a quel punto, triste e rassegnata si lascia andare a una vita di stenti. È allora che Pottoi, vedendola in quello stato, assalita da un forte senso di colpa, inizia a prendersene cura, pur decidendo di mantenere il segreto. La povera vecchietta rivede nella fanciulla la figlia scomparsa e per questo chiede alla comare di poterla adottare «a fitz’e anima».
Zia Sebia però, carica di odio, le nega questa possibilità e decide anzi di mandare la ragazza a fare la serva a Nuoro. A quel punto, zia Jacobba, senza più una ragione per vivere, si rassegna definitivamente e termina i suoi giorni penosi accudita da una cugina poverissima, che l’assiste solo «per amore di Dio». Alla morte dell’anziana, la parente caritatevole fa però un’incredibile scoperta: trova in casa di zia Jacobba un cospicuo tesoro di monete d’oro che le permettono di sposare un bel giovine il quale «alla luce di quelle piccole lune non vuol vedere che la sposa è sdentata e discretamente calva per i suoi cinquant’anni». Zia Sebia appresa la notizia sostiene «ch’è denaro del diavolo, e dicendo così gli occhi suoi sembrano di vitriolo; ma intanto si rode notte e giorno i pugni e muore di dispiacere».

Antonio Lucchi – Zia Jacobba. Stato di Grazia
Ecco che con Zia Jacobba c’è tutto: la fede, la superstizione, il peccato, l’invidia, la punizione per i malvagi e la ricompensa per i buoni.
P.S. Qui ho parlato di Lollove, il borgo incantato che ha ispirato l’ambientazione di La Madre
Grazia Deledda: la forza e la determinazione

Stato di Grazia – Novelle di Grazia Deledda illustrate da Giuseppe Biasi
Io, che posso confermare di aver letto tutti i romanzi di Grazia Deledda, leggende e racconti inclusi, sono rimasto piacevolmente colpito davanti all’originale allestimento della mostra da cui emerge la figura di una ragazza caparbia, pronta a tutto pur di soddisfare la propria sete di cultura, nonostante il contesto storico di fine Ottocento non contemplasse la prosecuzione degli studi per le donne. Questo codice comportamentale valeva anche per le classi agiate e Grazia Cosima, quinta di sette figli, pur provenendo da una famiglia benestante, fu costretta a prendere la decisione di ripetere la quarta elementare per non lasciare i libri, quegli stessi libri che continuò a leggere durante i successivi anni della sua formazione da autodidatta.
Grazia Deledda. La vita, tra invenzione e realtà

Stato di Grazia – La corrispondenza col Prof. Falchi
La mostra si sviluppa in tre momenti. La prima sezione è denominata “Grazia Deledda. La vita, tra invenzione e realtà” e si compone di un bel repertorio di foto d’epoca e video oltre che di una serie di manoscritti appartenenti alla collezione del Consiglio Regionale della Sardegna e relativi alla fitta corrispondenza intercorsa tra Grazia Deledda e il Prof. Luigi Falchi. Nella stessa sezione sono esposti anche alcuni suoi celebri romanzi in edizione d’epoca tra cui La via del male, Canne al vento, Marianna Sirca e L’incendio nell’oliveto.
L’ambiente artistico-culturale della Sardegna del Primo Novecento

Stato di Grazia
La seconda sezione della mostra è intitolata “L’ambiente artistico-culturale della Sardegna del Primo Novecento” e ricostruisce un immaginario dialogo tra opere realizzate da alcuni tra i principali artisti sardi frequentati da Grazia Deledda durante gli anni d’oro dell’Atene Sarda, tra cui la scultura in gesso de L’acquaiola di Francesco Ciusa, “Don Zua” il romanzo di debutto di Antonio Ballero in edizione d’epoca e stroncato al tempo dalla stessa Deledda (in mostra è ricostruito anche lo screzio tra i due secondo un piccato gioco di botta e risposta), le illustrazioni delle novelle realizzate da Giuseppe Biasi pubblicate nelle riviste di allora e una coppia di pupazzi di Tavolara che richiamano quelli presenti sulla scrivania romana della scrittrice e che compaiono anche in un suo celebre scatto.

Stato di Grazia
Visioni contemporanee
La terza e ultima sezione, denominata “Visioni contemporanee”, comprende le opere dei giovani artisti sardi che ho illustrato in precedenza: Narcisa Monni, Irene Balia, Roberto Fanari e Antonio Lucchi.

Visioni contemporanee
La rassegna si chiude con una chicca finale: l’inedita documentazione fotografica dell’ultima opera di arte pubblica che Maria Lai dedica alla scrittrice barbaricina. Si tratta di un monumento intitolato “Andando via” e realizzato nei pressi della Chiesa della Solitudine di Nuoro che, dal 1959, custodisce le spoglie di Grazia Deledda.

Maria Lai. Andando via – Stato di Grazia

Maria Lai. Andando via – Stato di Grazia
P.S. Se volete scoprire un po’ di più su Maria Lai cliccate qui 🙂
Vi ricordo che la mostra è visitabile fino al 30 giugno 2016. Non perdetevela perché ne vale la pena!
“Stato di Grazia. Artisti e Opere intorno a Grazia Deledda”
a cura di Davide Mariani
Palazzo del Consiglio Regionale della Sardegna
Via Roma, Cagliari
15 maggio // 30 giugno 2016
Tutti i giorni inclusa la domenica
h 9:00-20:00
Ingresso libero