Barbagia

Le maschere di Ottana e la magia del fuoco di Sant’Antonio

5 Febbraio 2016

Le maschere di Ottana e il fuoco di Sant’Antonio. Sa Prima Essìa

Una delle feste invernali che più amo e di cui vorrei scrivere oggi, anche per il fascino delle maschere che la animano e di cui vi racconterò dopo, è quella dedicata al protettore degli animali domestici, del fuoco e dei contadini: Sant’Antonio Abate, tra i più venerati in Sardegna.
Ogni anno, a metà gennaio (il 16 e il 17), si rinnova in numerosi paesi dell’Isola il rito ancestrale del grande fuoco (Su fogulone) che viene acceso in suo onore.
L’indiscutibile fascino del culto, a metà strada tra il sacro e il profano, attrae sempre più persone che, spinte dalla curiosità o dalla fede, accorrono ad ammirare i vari falò.
La leggenda narra che Sant’Antonio scese fino agli inferi appositamente per rubare una scintilla da donare agli uomini, i quali allora vivevano in una Terra fredda, permettendogli così di godere finalmente della luce e del calore. Si ipotizza tuttavia un’origine pagana del culto data dalle evidenti analogie col mito di Prometeo, divinità che al pari del Santo rubò il fuoco agli dei per donarlo all’umanità.

Il fuoco di Sant’Antonio di Ottana

Tra i Falò più belli e caratteristici del centro Sardegna rientra sicuramente quello che si allestisce nella piazza principale di Ottana, paese di 2500 abitanti alle porte della Barbagia.
La festa di Sant’Antonio assume qui un’ulteriore valenza, rappresentando il momento di inizio del Carnevale, manifestazione fortemente sentita dalla comunità, simbolo dell’identità locale che affonda le sue radici in un’atavica cultura agro-pastorale.
Dopo la benedizione delle fiamme da parte del prete va in scena “Sa prima essia”, la prima uscita pubblica delle maschere tradizionali che sfilano in maniera convulsa e disordinata, dando forma a un bizzarro corteo animato da misteriosi personaggi antropomorfi che procedono con inquietanti movenze.

Maschere

Maschere di Ottana by Franco Maritato

Ottana è stata fino al 1503 sede di Diocesi (sopravvive la bellissima chiesa di San Nicola in stile romanico-pisano che sovrasta il paese da una piccola altura affacciata sull’omonima piazza dove si accendono i falò). Nonostante la presenza forte del Clero, i culti del carnevale hanno resistito e si sono perpetuati fino ai giorni nostri.

San Nicola

Chiesa di San Nicola

Le ancestrali maschere di Ottana

Le maschere di Ottana sono prevalentemente tre: sos Merdules, sos Boes e Sa Filonzana.

Merdule

Boes e Merdules di Ottana

Come ricorda Antonangelo Liori nel suo libro Demoni, miti e riti magici della Sardegna (1992) la figura dei Merdules risulta di difficile interpretazione. Dal punto di vista etimologico il termine potrebbe derivare da “Meres de ules”, padroni dei buoi. Si tratta di “Personaggi tristi che vagano per le strade di Ottana, come se avessero perduto il senno, assieme ad altri animali minori (capre, cervi e maiali) e cercano di introdursi nelle abitazioni per bere e ingiuriare il padrone di casa” (Liori, 1992, p.75).
I Merdules indossano pelli di pecora e calano sul volto una maschera nera che richiama i tratti di un uomo deforme dalla bocca enorme. Per dominare i Boes fanno uso di un bastone detto Su Mazzuccu e di una fune detta Sa Soca con cui tentano di tenere a bada le “bestie”.

Merdule

Merdule

I Boes (Buoi) indossano bianche pelli di pecora e pesanti campanacci che contraddistinguono in maniera fragorosa il loro passaggio. Sul volto tengono una maschera intagliata di pero selvatico detta “Caratza” che riproduce i tratti del bue e riporta alcune decorazioni ricorrenti come il fiore della vita al centro della fronte, simbolo di fortuna, prosperità e speranza.

La lotta tra Boes e Merdules rappresenta lo scontro continuo tra istinto animale e ragione. Nella ritualità dei gesti, il Boe viene inseguito, preso d’assedio e frustato dal Merdule che insieme a lui inscena una rissa furibonda.

Sa Filonzana

Sa Filonzana

Sa Filonzana (la Filatrice) oltre ad essere l’unica maschera sarda di tipo femminile è sicuramente un personaggio misterioso che incute timore. Vestita di nero, con una grande gobba e un andamento claudicante e goffo, indossa una maschera mostruosa sul volto. Si aggira per le vie del paese, unitamente al corteo delle altre maschere e tra le mani tiene un fuso con cui tesse in continuazione il filo della vita. Sa Filonzana conosce molto bene il destino delle persone che incontra sul suo cammino e ha il potere di decidere quando la vita di queste debba finire. Proprio per tali ragioni, tranciare il filo con la forbice che tiene appesa al collo rappresenta un evidente segnale di cattivo auspicio.
Le sue origini sono misteriose.

Le origini arcane de Sa Filonzana

Sembrerebbero però molto chiare le analogie con le mitologiche Parche greche, le quali anch’esse avevano il potere di interrompere la vita degli uomini semplicemente recidendo il filo del fuso che tenevano con loro.
Le Parche greche o Moire erano tre. Vivevano nell’Ade, il regno dei morti e conoscevano il destino dell’umanità.
Cloto filava l’ordito della vita; Lachesi avvolgeva il filo e ne decideva la lunghezza per ogni uomo; Atropo con le sue cesoie decideva quando recidere in maniera inesorabile il filo vitale.
Pare che un tempo accanto a Sa Filonzana comparisse anche un’altra maschera femminile detta Sa Partorza (La partoriente) che aveva la funzione di mimare il parto, mettendo al mondo un pupazzo fatto stracci.
Si narra che Sa Filonzana in passato, la notte di Capodanno, scortasse i bambini che bussavano per le case durante la questua di dolcetti e frutta secca.

 

Nel 1957 Fiorenzo Serra ha girato a Ottana, proprio in occasione del carnevale, un prezioso documentario che rappresenta oggi un’importante testimonianza storica. Ve lo voglio riproporre.


Nel mio giretto a Ottana ho anche potuto visitare il MAT Museo Arti e Tradizioni, in cui oltre a una ricca collezione di maschere prodotte da diversi artigiani locali, sono esposte alcune delle bellissime fotografie scattate da Andreas Fridolin Weis Bentzon che, alla fine degli anni Cinquanta, girava la Sardegna per documentare le musiche tradizionali. Di seguito, alcuni di quei bellissimi scatti esposti al museo, che consiglio di visitare.
Adesso l’appuntamento è per i giorni di carnevale. Al prossimo Jumping 😆
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